AREZZO – La sanità del futuro non può più viaggiare su binari separati. È questo il messaggio forte lanciato da Monia Monni, assessora regionale al diritto alla salute e alle politiche sociali, nel suo debutto pubblico al Forum Risk Management. La prima uscita ufficiale, dopo la recente assegnazione delle deleghe, è stata l’occasione per tracciare la rotta della Toscana verso un nuovo Piano Sanitario Nazionale.
Al centro della tavola rotonda, che ha visto il confronto con assessori di altre Regioni (da nord a sud) e tecnici del Ministero, c’è una parola chiave: integrazione. “Non è un caso che la Toscana abbia riunito le deleghe di sanità e sociale sotto un unico referente”, ha spiegato Monni. Non è una scelta formale, ma sostanziale. L’obiettivo è prendere in carico la persona nella sua interezza. Bisogna saper leggere una “società in movimento” per prevenire i bisogni, invece di limitarsi a rincorrerli quando è troppo tardi.
L’Italia è un paese che invecchia e dove la non autosufficienza grava spesso sulle famiglie. Fattori come la perdita del lavoro o la marginalità sociale incidono direttamente sulla salute. “Tutto si tiene”, ribadisce l’assessora. Per questo, l’approccio integrato è l’unica via per evitare che i cittadini si sentano ‘periferia’. Un pensiero è andato anche agli operatori: “Dobbiamo avere cura di chi si prende cura di noi”.
Il fulcro di questa rivoluzione saranno le Case di comunità. “Ne apriremo a breve settanta”, ha annunciato Monni. Saranno luoghi fisici dove praticare l’integrazione, evitando che i pazienti rimbalzino da uno sportello all’altro. Una sfida complessa, da vincere stringendo un’alleanza forte con i medici di medicina generale e il Terzo Settore.
Un vero Piano sanitario Nnzionale manca dal 2006. I costi esplodono, i bisogni cambiano. Sebbene il nostro sistema sanitario resti tra i più efficienti al mondo, oggi appare come un “malato cronico”. Tra i temi caldi discussi ad Arezzo: la mobilità passiva tra regioni, l’uso etico dell’Intelligenza Artificiale, l’emergenza salute mentale post-Covid e la necessità di rimuovere i tetti di spesa per il personale. La conclusione è unanime: serve un nuovo patto istituzionale per difendere l’universalismo e l’equità delle cure. La sanità pubblica è un bene comune che va protetto e riformato, non smantellato.
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