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In aumento i reati contro il patrimonio culturale in Toscana: recuperate opere d’arte per 3 milioni di euro

FIRENZE – In aumento i reati in danno del patrimonio culturale nel 2024 in Toscana. 

Sono stati 28 gli episodi nel 2024 con un incremento complessivo del 17 per cento rispetto al 2023. I luoghi maggiormente colpiti dal fenomeno si confermano gli edifici religiosi (11 nel 2024), ricchi di beni ed oggetti artistici, spesso facilmente commerciabili, dislocati soventemente in zone periferiche o rurali. Tuttavia, si segnala un importante incremento, del 100% circa (28 nel 2023 e 57 nel 2024), delle persone denunciate, a testimonianza dell’intenso lavoro di prevenzione e repressione dei reati, svolto da parte del Comando carabinieri tutela patrimonio culturale. Nel 2024, sono inoltre proseguiti servizi di controllo del territorio per la prevenzione dei reati in danno dei musei e dei principali monumenti nazionali, sensibilizzando anche i parroci dei luoghi di culto a raccogliere informazioni su eventuali esigenze e criticità inerenti la sicurezza anticrimine dei luoghi di culto, secondo le indicazioni contenute nelle Linee guida per la Tutela dei beni culturali ecclesiastici disponibili sul sito www.carabineri.it, edite dal Ministero della cultura, dalla Conferenza episcopale uualiana e dal Comando carabinieri tutela patrimonio culturale. 

Le attività di contrasto dei Carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale di Firenze, hanno consentito il recupero di beni antiquariali, archivistici, librari e archeologici di pregevole fattura, il cui valore viene quantificato in circa cinque milioni di euro. 

Nell’anno 2024 sono state denunciate all’autorità giudiziaria 57 persone, di cui 11 per reati in danno del paesaggio e 14 per illecite attività di scavo; effettuate 11 verifiche sulla sicurezza di Musei, biblioteche e archivi; controllati: 2647 beni nella Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti; 174 esercizi antiquariali e commerciali; 16 mercati e fiere del settore; recuperati 90 beni antiquariali, archivistici e librari; 764 reperti archeologici; sequestrate 70 opere di arte contemporanea contraffatta.

Il Nucleo tutela patrimonio culturale di Firenze, operando sul territorio della Toscana in sinergia con le altre componenti dell’Arma dei Carabinieri ed in particolare con il quarto Nucleo elicotteri di Pisa, nonché con il supporto tecnico delle Soprintendenze archeologia belle arti e paesaggio competenti per territorio, ha assolto alle funzioni di tutela e salvaguardia del patrimonio culturale, anche attraverso il monitoraggio dei siti archeologici terrestri e marini, nonché delle aree di interesse paesaggistico e dei sette siti Unesco della regione. Nel corso delle attività sono stati controllati 37 siti tutelati da vincoli paesaggistici e monumentali; 38 aree archeologiche. 

Nell’ambito degli incontri didattici rivolti agli studenti delle scuole pubbliche, promossi dal Comando generale dell’Arma dei Carabinieri per la formazione della cultura e della legalità, il Nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale di Firenze ha tenuto nel 2024 numerose conferenze a studenti di Istituti di istruzione statali, nel corso della quale venivano illustrate le attività svolte dal Comando T.pc in Italia e all’estero. 

Tra le molteplici attività condotte sono stati recuperati e restituiti agli aventi diritt  10 reperti archeologici all’Ambasciatore della Repubblica della Turchia, 242 beni archeologici, sono stati sequestrati poiché privi di documentazione attestante la lecita provenienza. Tra i tanti, alcuni risultavano essere di origini estere, in particolare, 10 provenienti dalla Turchia. 

I beni facevano parte di una collezione appartenente a un privato cittadino deceduto.
In dettaglio: depas integro di produzione medio-orientale (Anatolia occidentale, III millennio a.C.); brocchetta in ceramica Yortan reintegrata di produzione medio-orientale (Anatolia occidentale, III millennio a.C.); olpe lacunosa in corrispondenza di collo e ventre, ricomposta, di età protostorica; oinochoe integra di età del ferro (II-I millennio a.C.); sei vasi miniaturistici acromi.

Tali oggetti, grazie alla cooperazione fornita dalla Rappresentanza diplomatica della Turchia presso lo Stato Italiano, sono stati riconosciuti dalle autorità culturali di quel paese come appartenenti al proprio patrimonio nazionale.

Alla luce di tale riscontro, l’autorità giudiziaria competente, in virtù della normativa vigente prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo 42/2004, ne ha disposto la restituzione allo Stato. 

Recuperati anche tre dipinti, tempera e oro su tavola, costituenti le parti di un trittico datato 1487, raffiguranti rispettivamente Madonna col Bambino, San Giovanni Battista e Sant’Antonio Abate. 

Il trittico, già attribuito ad autore Anonimo Umbro del XV sec. chiamato convenzionalmente Maestro del Trittico di Arrone, secondo alcuni storici viene attribuito al maestro spoletino Bernardino Campilio. Altri studiosi, interessati dal detentore, lo avrebbero invece attribuito ad Antonio da Viterbo del Massaro detto Pastura (Viterbo, 1450 ca. – ante 1516). Quest’ultimo, pittore di notevole interesse, è considerato come il più alto esponente della pittura viterbese, tale che la sua formazione è da contestualizzarsi al fianco del Perugino e del Pinturicchio. 

Il sequestro dell’importante bene artistico, è stato possibile grazie alla comparazione della sua immagine, con quella contenuta nella Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti del Comando carabinieri tutela patrimonio culturale prodotta all’epoca della denuncia, consentendo così di accertarne l’illecita provenienza. Questo, dopo che l’ultimo detentore, rilevata la pregevole fattura dell’opera che gli era pervenuta in eredità, ha preferito richiederne il controllo al reparto specializzato. 

L’attività investigativa, coordinata dalla Procura di Firenze, ha consentito di appurare che l’opera pittorica una volta asportata nel 1970, è rimasta per anni nella disponibilità di un noto antiquario toscano defunto nel 2022, ignaro della provenienza furtiva dell’opera. Come dimostra il ritrovamento di una lettera, datata 2 giugno 2000, con la quale una società che gestisce un archivio internazionale di opere d’arte rubate, dopo una sua richiesta, riferiva al predetto antiquario che il trittico non era inserito nel loro database come opera da ricercare.

Le indagini, hanno inoltre consentito di accertare l’estraneità ai fatti per la persona a cui è stata sequestrata l’opera, in quanto detentore in buona fede. 

Data la natura giuridica del trittico, ovvero il suo essere inalienabile ai sensi dell’articolo 54 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, il bene è stato restituito al Comune di Arrone accertato essere il proprietario del bene per essere poi ricollocato nella chiesa di San Giovanni Battista in quanto sua sede originaria. 

È stato ritrovato anche un medaglione raffigurante il busto del duca Federico da Montefeltro, attribuito allo scultore Domenico Rosselli (1439-1498), diametro 50 cm, marmo bianco, lavorato in bassorilievo.

L’opera è stata individuata a seguito della messa in vendita, su un sito web di una società che si occupa di commercio di arte antica, in seguito alla segnalazione pervenuta da un privato cittadino. La successiva comparazione della fotografia del bene con quelle contenute nella Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti in uso al Comando carabinieri tutela patrimonio culturale consentiva di accertarne l’illecita provenienza. 

In particolare, l’opera individuata coincideva per caratteristiche, modellato, formato e una serie di micro-irregolarità e venature del marmo proprio al tondo che risultava essere stato asportato, tra il 1976 e il 2000, dalla facciata lato Nord della villa del complesso di Rusciano, di proprietà del Comune di Firenze. 

A ulteriore conferma di quanto sopra, un successivo sopralluogo eseguito da parte degli investigatori ha permesso di riscontrare la perfetta compatibilità del bene con l’alloggiamento circolare di circa 80 centimetri spoglio, presente nella facciata nord della villa.

A suffragare tale tesi, il riconoscimento del bene da parte di un funzionario storico dell’arte della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Firenze e le Province di Prato e Pistoia e l’esame tecnico scientifico eseguito presso l’illustre Istituto del Ministero della cultura, l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. I funzionari di quest’ultimo hanno effettuato la valutazione dello stato di conservazione mediante osservazione autoptica, con l’aiuto di tecniche di indagine ottica in luce visibile diretta, radente e ultravioletta a microscopio ottico. 

Il risultato è un esempio concreto della sinergia tra la magistratura e i vari reparti dell’Arma dei carabinieri, ma anche quella con i vari livelli del ministero della cultura, questa volta con la collaborazione fondamentale per il riconoscimento del bene ricevuta dalla Soprintendenza fiorentina e l’Opificio delle pietre dure, istituto ad autonomia speciale che opera come centro di competenza e riferimento nazionale nel settore della conservazione delle opere d’arte. 

Nella rete del nucleo anche 84 reperti archeologici restituiti alla Soprintendenza, Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno. 

L’attività investigativa del personale del Nucleo tutela patrimonio culturale di Firenze è nata in seguito a una segnalazione in merito alla presenza di numerosi beni archeologici all’interno di un complesso immobiliare.

I successivi accertamenti, condotti con l’ausilio della locale Arma territoriale ed alla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le Province di Pisa e Livorno, permettevano di accertare l’autenticità dei reperti archeologici e, quindi, essendo privi di alcuna documentazione attestante la lecita provenienza, di sequestrarli immediatamente. In particolare, l’esame tecnico-scientifico condotto da funzionario archeologo della Soprintendenza, ha posizionato i reperti in un periodo cronologico che va dal VII sec. a.C. al VII sec. d.C. 

Gli antichi manufatti si possono collocare all’interno di due grandi gruppi: ceramica apula, ionica ed attica, appartenenti ad un unico contesto funerario; ceramica etrusca di ambito ceretano probabilmente appartenenti allo stesso corredo funebre I beni costituivano parte di una collezione ricevuta per eredità, presumibilmente acquistati illegalmente negli anni Settanta e Ottanta.

Alla luce di quanto accertato nel corso delle indagini, la procura di Livorno, in virtù della normativa vigente prevista dall’articolo 91 del Codice dei beni culturali e del paesaggio ne ha disposto la restituzione alla Soprintendenza. 

Nel ‘bottino recuperato’ figurano anche 695 opere d’arte asportate nel tempo a nobili famiglie fiorentine. 

L’attuale normativa attribuisce allo Stato la proprietà degli oggetti di interesse  artistico, storico e archeologico rinvenuti sotto terra o in mare a partire dall’anno 1909,  facendo riferimento alla legge 364 del 1909. Dopo tale data il possesso di reperti  archeologici è ritenuto lecito solo in presenza di documenti o altri titoli che ne attestino il  regolare acquisto o lascito ereditario, oppure di consegna dei suddetti reperti da parte dello Stato quale quota parte del premio di rinvenimento.

L’attività investigativa, coordinata dalla Procura di Firenze e condotta dal Nucleo Carabinieri tutela patrimonio culturale di Firenze, in collaborazione con l’Fbi e il Raggruppamento Investigazioni scientifiche dell’Arma dei Carabinieri, è durata circa tre anni e trae origine dalla denuncia di furto, presentata nel 2021 da un cittadino fiorentino, dell’importantissima opera libraria di Leonhart Fuchs dal titolo De Historia Stirpium Commentarii Isignes, Basilea 1542, bene sottratto da ignoti presso la propria dimora tra dicembre 2018 e giugno 2019. L’opera, individuata sul sito di una casa d’aste fiorentina a distanza di un anno esatto dalla sua denuncia, è stato poi sequestrata a Firenze a un antiquario veneto, ritenuto nel corso delle indagini acquirente in buona fede. L’importante recupero ha generato l’inizio di un’articolata attività investigativa che ha coinvolto, a vario titolo, complessivamente 12 indagati nei confronti dei quali sono state compiute altrettante perquisizioni delegate dalla magistratura inquirente, che hanno consentito il recupero di oltre 600 opere d’arte.

Tra le stesse figurano numerose e pregevoli opere librarie, nonché preziose ceramiche e vari dipinti, fra cui spiccano per importanza: 4 piatti in ceramica bianca con decorazioni, recanti sul retro il timbro Manifattura Ginori a Doccia presso Firenze, realizzate in esclusiva per la Presidenza della Repubblica italiana; servizio in finissima porcellana con decorazioni in oro zecchino, Meissen 1820; un piatto della dinastia Ming tardo periodo Kangxi di fine XVII sec.; un dipinto raffigurante “bue” a firma Giovanni Fattori; l’opera libraria dal titolo “De Honesta Disciplina” con firma autografa di Giorgio Vasari.

Le opere recuperate, custodite in lussuose dimore nobiliari fiorentine, sono state sottratte nel corso di un quinquennio da uno degli indagati durante lo svolgimento di piccoli lavori di manutenzione di cui era stato incaricato dai proprietari.

I beni sono stati poi immessi, a distanza di tempo dal furto, sul mercato antiquariale nazionale e, in alcuni casi, in quello estero dissimulandone la provenienza delittuosa. L’esportazione fuori dai confini nazionali ha visto collaborare all’indagine inizialmente l’Fbi e, successivamente, il servizio Interpol per tentare il rientro in patria, mediante azione stragiudiziale, di alcune opere legittimamente acquistate da ignari collezionisti, dagli Stati Uniti, Emirati Arabi e Inghilterra.

Grazie al rinvenimento di un libro mastro su cui veniva dettagliatamente riportata la  contabilità delle opere d’arte rubate, è stato possibile quantificarne l’illecito e cospicuo  volume d’affari ammontante a oltre 300mila euro. È stato quantificato che, tutti i beni  recuperati nel corso dell’attività investigativa, che ritorneranno nella disponibilità dei legittimi proprietari, così come disposto dall’Autorità Giudiziaria, qualora immessi sul
mercato antiquariale avrebbero potuto generare utili per oltre 3 milioni di euro.

REDAZIONE

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