(Adnkronos) – Il mese di settembre è centrale per i titolari di partita IVA, chiamati a valutare i benefici offerti dall’adesione al concordato preventivo biennale 2025-2026.
Questo strumento, introdotto nell’ambito della riforma fiscale e dettagliato nel decreto n. 13/2024, si propone di rafforzare la compliance fiscale, offrendo una maggiore certezza sulle imposte dovute. Si tratta di un’importante opportunità per le partite IVA, che presenta però dei rischi da calibrare con attenzione. La scelta finale dovrà essere formulata entro la scadenza del 30 settembre ed è quindi tempo di calcoli di convenienza. Quali sono i pro, i contro e gli effetti del concordato? Un’analisi delle regole in campo. Dal punto di vista tecnico, il concordato preventivo biennale consiste in una proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti con partita IVA, al fine di predeterminare l’ammontare delle imposte sui redditi e dell’IRAP per un periodo di due anni. L’Agenzia elabora tale proposta incrociando i dati in proprio possesso, inclusi quelli relativi agli ISA e agli andamenti economici settoriali. Vale la pena ricordare che per il biennio 2025-2026, sono state introdotte importanti novità riguardo i limiti all’aumento del reddito proposto dal Fisco, calibrati in base al punteggio ISA conseguito nell’anno precedente. Tre le soglie limite: ● in caso di ISA pari a 10, è pari al 10 per cento; ● in caso di ISA tra 9 e 10, il limite è del 15 per cento; ● in caso di ISA tra 8 e 9, il limite sale al 25 per cento. Il titolare di partita IVA può scegliere se aderirvi o meno, entro una specifica scadenza che per il biennio 2025-2026 è fissata al 30 settembre. Due le vie per dire sì alla proposta dell’Agenzia delle Entrate. L’adesione avviene tramite la compilazione e trasmissione telematica del modello CPB, unitamente al modello per la comunicazione dei dati ISA per il periodo d’imposta 2024. Il modello potrà essere presentato anche insieme alla dichiarazione dei redditi 2025, sempre però a patto di effettuare l’invio entro il 30 settembre. Stessa data anche per tornare sui propri passi: entro la finestra di fine settembre è ammessa la revoca della proposta accettata. I destinatari del concordato sono le partite IVA che applicano gli ISA, con l’esclusione dei forfettari. Per questi infatti l’esperienza del patto con il Fisco si è chiusa dopo la sperimentazione dello scorso anno, per un totale di poco più di 100.000 adesioni. L’adesione al concordato è vincolata a specifici requisiti di regolarità fiscale.
I contribuenti non devono avere debiti tributari o contributivi definitivi di importo pari o superiore a 5.000 euro. Nessun veto in caso di somme di valore inferiore, così come è possibile rimuovere la causa ostativa prima dell’adesione, versando il debito maturato o anche solo presentando domanda di rateazione, fino a decadenza dalla stessa. Sono previste inoltre cause di esclusione, tra cui la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti o condanne per reati tributari. Sono esclusi anche i contribuenti con redditi esenti, esclusi o non concorrenti superiori al 40 per cento del reddito d’impresa/professionale, e le società coinvolte in operazioni straordinarie. Parimenti, restano fuori dal concordato le società e gli enti interessati nel 2025 da operazioni di fusione, scissione, conferimento e società di persone e associazioni interessate da modifiche alla compagine sociale. Il concordato sarà a tassazione agevolata. Anche per il biennio 2025-2026, sul maggior reddito proposto dal Fisco rispetto all’annualità precedente sarà possibile applicare una flat tax a tre aliquote, calibrate in base al punteggio ISA conseguito: ● nel caso di ISA tra 8 e 10 è del 10 per cento; ● nel caso di ISA tra 6 e 8 è del 12 per cento; ● nel caso di ISA inferiore a 6 è del 15 per cento. Per effetto dei correttivi introdotti con il decreto correttivo n. 81/2025, la tassazione ridotta avrà però dei limiti. In caso di superamento della soglia di 85.000 euro di reddito incrementale, si applicherà un’imposta sostitutiva IRPEF del 43 per cento, pari al 24 per cento per i soggetti IRES. Accettando la proposta dell’Agenzia delle Entrate, i contribuenti si impegnano a dichiarare gli importi concordati per i due periodi d’imposta, beneficiando della non rilevanza di eventuali maggiori redditi effettivi ai fini delle imposte e dei contributi previdenziali obbligatori. In sostanza, chi guadagnerà più di quanto concordato non dovrà pagare più imposte, stessa regola però in caso di risultati inferiori a quanto stabilito dal patto. Il conto del concordato non cambierà, ad eccezione di alcune specifiche casistiche eccezionali individuate dal MEF che porteranno a minori redditi effettivi o minori valori della produzione netta effettivi, come ad esempio eventi calamitosi, liquidazione o sospensione dell’attività. Accettare la proposta di concordato espone quindi a rischi, trattandosi di un patto sul futuro, ma consente di accedere ad alcuni benefici fiscali. L’adesione al patto con il Fisco consente di accedere ai benefici premiali ISA, come l’esonero dal visto di conformità per compensazioni IVA fino a 70.000 euro, e fino a 50.000 euro per le compensazioni IRPEF, IRAP e IRES. In aggiunta, per il biennio interessato si sospenderanno le principali tipologie di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate sul reddito d’impresa, di lavoro autonomo e ai fini IRAP. Il concordato non guarda solo al futuro, ma si conferma anche come una via per mettere in ordine il pregresso. Anche per il biennio 2025-2026 al patto con il Fisco si affianca il ravvedimento speciale, strumento che offre alle Partite IVA la possibilità di sanare omissioni o irregolarità dichiarative relative a periodi d’imposta precedenti, beneficiando di una tassazione agevolata. La sanatoria può essere applicata alle annualità dal 2019 al 2023, e il suo funzionamento è strettamente legato al punteggio ISA (Indici Sintetici di Affidabilità Fiscale) conseguito dal contribuente in ciascun periodo d’imposta. L’ISA determinerà in prima battuta la base imponibile da ravvedere, calcolata come la differenza tra il reddito già dichiarato e un valore dello stesso aumentato secondo specifiche percentuali, che variano in base al punteggio di affidabilità fiscale del contribuente: ● 5 per centi per ISA pari a 10. ● 10 per cento per ISA pari o superiore a 8 e inferiore a 10. ● 20 per cento per ISA pari o superiore a 6 e inferiore a 8. ● 30 per cento per ISA pari o superiore a 4 e inferiore a 6. ● 40 per cento per ISA pari o superiore a 3 e inferiore a 4. ● 50 per cento per ISA inferiore a 3. Sull’importo della base imponibile così determinata, il contribuente potrà versare un’imposta sostitutiva (una vera e propria “flat tax”) la cui aliquota dipende nuovamente dal punteggio ISA conseguito nel singolo periodo d’imposta: ● 10 per cento se il livello di affidabilità fiscale è pari o superiore a 8. ● 12 per cento se il livello di affidabilità fiscale è pari o superiore a 6 ma inferiore a 8. ● 15 per cento se il livello di affidabilità fiscale è inferiore a 6. Un’ulteriore agevolazione è prevista per gli anni caratterizzati dall’emergenza Covid-19 (2020 e 2021). Per queste annualità è prevista una riduzione del 30 per cento dell’imposta sostitutiva dovuta. Un ulteriore incentivo all’adesione al concordato, che alla scommessa sul futuro affianca la certezza di poter sanare il pregresso a costo ridotto. —economia/fiscowebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Concordato preventivo biennale 2025/2026, cos’è e a chi conviene? La scelta si avvicina
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