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Iss, 776 morti materne in dieci anni: cresce il peso del suicidio nel post partum

Nel decennio 2011-2021 sono state registrate 776 morti materne tra il concepimento e l’anno successivo alla fine della gravidanza. Una cifra, che emerge dai dati della sorveglianza ItOss coordinata dal Reparto Salute della donna e dell’età evolutiva del Cnapps (Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute) dell’Istituto superiore di sanità, che, letta nel contesto di un Paese a basso rischio ostetrico, accende l’attenzione sulle criticità del percorso nascita. Dal database emerge che il 42% dei decessi è stato classificato come evitabile. Una quota che conferma come anche in sistemi sanitari strutturati una parte rilevante della mortalità materna sia legata a diagnosi tardive, presa in carico insufficiente o valutazioni cliniche non pienamente adeguate.

Sul versante delle cause, l’Italia replica l’andamento osservato in diversi Paesi ad alto reddito: le patologie cardiovascolari restano tra i rischi più seri, l’emorragia ostetrica continua a rappresentare un nodo critico dell’emergenza intraospedaliera, ma a occupare il primo posto nelle morti tardive è il suicidio materno. ItOss segnala che la quota di suicidi sul totale delle morti materne è passata dal 12% registrato nel periodo 2006-2012 al 16,1% nel decennio più recente. Se si isolano i decessi tardivi, quelli che avvengono tra 43 e 365 giorni dopo la fine della gravidanza, la percentuale sale al 28,7%. Dati che registrano il peso crescente della salute mentale perinatale, troppo a lungo confinata ai margini delle priorità cliniche.

Il sistema di sorveglianza, coordinato dal Reparto Salute della donna e dell’età evolutiva del Cnapps, lavora su più livelli: segnalazione immediata di ogni decesso, revisione dei casi attraverso audit nei punti nascita e indagini confidenziali a livello regionale e nazionale. Una procedura che, come ricorda l’Istituto superiore di sanità, ha permesso di colmare un vuoto informativo significativo: prima dell’introduzione di ItOss circa il 60% delle morti materne non veniva rilevato dai sistemi informativi correnti. Il miglioramento della capacità di identificazione è uno dei passaggi chiave per leggere correttamente gli andamenti epidemiologici e per intervenire laddove l’assistenza presenta deficit strutturali o organizzativi.

La macchina della sorveglianza ostetrica

Dietro ai numeri c’è un meccanismo di osservazione che coinvolge quasi tutte le Regioni. Solo il Molise non partecipa alla rete coordinata dall’Iss, che riunisce referenti clinici dei punti nascita, delle terapie intensive, delle Stroke Unit e delle unità coronariche. Professionisti chiamati a notificare immediatamente ogni decesso materno e a partecipare a un percorso di revisione clinica che mette in discussione prassi, protocolli e decisioni operative. “L’Italia è uno degli 8 Paesi europei dotati di un sistema avanzato di sorveglianza ostetrica”, ha ricordato Serena Donati, direttrice del Reparto Salute della donna e dell’età evolutiva del Cnapps, intervenendo al convegno all’Iss. L’obiettivo dichiarato è di ridurre le morti evitabili e di migliorare la qualità dell’assistenza alla nascita attraverso un confronto costante sui casi più complessi.

ItOss non si limita alla sorveglianza dei decessi. Dal 2014 ha coordinato quattro studi prospettici sui cosiddetti near miss ostetrici, eventi acuti e potenzialmente letali dai quali le pazienti sono sopravvissute grazie a interventi tempestivi o a un rapido trasferimento in contesti specialistici. L’analisi dei near miss è particolarmente utile perché consente di individuare gli anelli deboli dell’assistenza senza attendere che un caso evolva in esito fatale. Uno dei filoni più rilevanti riguarda l’isterectomia postpartum: rispetto alla precedente rilevazione, ItOss registra una riduzione del 50% delle isterectomie eseguite per emorragia ostetrica. Una diminuzione che indica una maggiore appropriatezza delle procedure e un allineamento progressivo ai tassi osservati negli altri Paesi europei.

Un altro fronte è quello della re-laparotomia dopo taglio cesareo, un intervento secondario che segnala complicanze significative. Nel confronto con i dati del Regno Unito presentati da Marian Knight, responsabile del sistema Mbrrace-UK, la prevalenza rilevata in Italia è pari a 0,28 re-interventi ogni 100 cesarei: in altre parole, una nuova operazione ogni 363 parti cesarei. Un dato che consente di stimare l’impatto delle complicanze chirurgiche nelle strutture italiane e di raffrontarlo con realtà sanitarie che dispongono da anni di sistemi di sorveglianza consolidati.

La capacità della rete ItOss di integrare flussi informativi e segnalazioni cliniche ha avuto un ruolo centrale anche nel recupero retrospettivo dei casi non rilevati. La ricostruzione dei rapporti di mortalità permette di leggere l’andamento reale sul territorio, evidenziando differenze tra Regioni e tra strutture. Non mancano infatti variabilità legate alla dotazione di servizi specialistici, alla formazione del personale e alla complessità delle donne assistite, elementi che definiscono gran parte della qualità del percorso nascita.

La salute mentale perinatale entra nei protocolli

L’emersione del suicidio come principale causa di morte materna tardiva ha spinto ItOss e l’Iss ad avviare una stagione di progetti dedicati alla salute mentale perinatale. Un ambito che richiede competenze specifiche, continuità assistenziale e una rete capace di connettere consultori, punti nascita e Dipartimenti di salute mentale. Le indagini coordinate dall’Istituto hanno messo in luce un quadro eterogeneo: risorse limitate, percorsi disomogenei e una discreta variabilità nell’utilizzo di strumenti di screening e nella collaborazione tra servizi di primo e secondo livello.

Nel corso del convegno sono stati presentati i risultati di un’indagine sulle buone pratiche nei Dsm per la gestione dei disturbi perinatali. Una fotografia utile a capire quali modelli organizzativi garantiscano maggiore presa in carico e quali criticità siano ancora aperte, soprattutto nelle Regioni dove i consultori hanno organici ridotti o dove la rete territoriale è frammentata. Tra le esperienze illustrate, un progetto innovativo utilizza il canto di gruppo come supporto alle neomamme con sintomi di depressione post partum. Un approccio non farmacologico che punta a migliorare la qualità della relazione madre-bambino e a favorire la partecipazione sociale delle donne nei mesi successivi al parto.

Sul fronte delle politiche sanitarie, l’aggiornamento della linea guida sulla gravidanza fisiologica segna un passaggio atteso: per la prima volta in Italia vengono introdotte raccomandazioni basate su evidenze scientifiche per proporre, a ogni bilancio di salute in gravidanza, lo screening di ansia e depressione, la valutazione dei fattori sociali complessi e l’identificazione della violenza di coppia e di genere. Strumenti che consentono di intercettare precocemente le situazioni a rischio e di attivare percorsi dedicati prima che il disagio sfoci in condizioni estreme.

Le iniziative presentate aprono un fronte nuovo nell’assistenza ostetrica, spostando l’attenzione da un modello centrato sulla gestione dell’emergenza a un approccio che considera l’intero spettro dei bisogni delle donne durante e dopo la gravidanza. Una prospettiva che richiede tempi, investimenti e una formazione mirata, ma che intercetta uno dei nodi più urgenti emersi dai dati ItOss: riconoscere la salute mentale perinatale come parte integrante della salute materna.

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content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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